Giovanni Giavatto

Di fronte alla Pittura di Biagio Schembari si ha la sensazione di studiare storia antica, la storia delle radici dell’uomo. Mistero, nostalgia per quello smarrito calore umano che si diffonde dal colore, che è luce limpida e chiaroscuro rassicurante, riposante.
Dentro è come se ti prendesse, forte, il desiderio di far parte in modo totale di quel paesaggio magico; di entrare in una delle tante piccole aperture, per curiosare, per scoprire, per iniziare un’avventura dentro un mondo sconosciuto che ti attira come un buco nero, misteriosamente, non solo per scoprirlo ma anche per viverlo.
Porsi davanti alle Tele di Biagio è come trovarsi a Pantalica, a Chiafura nella collina che sovrasta la città di Scicli, nelle cave di Ispica o come visitare i Sassi di Matera o girare tra le grandi rocce di Petra, di Bamian, provare le stesse emozioni, porsi gli stessi interrogativi e fare le stesse letture su pagine di rocce, provando a leggerle in libertà e con incontrollabile fantasia. 
La Pittura che ti trovi di fronte, per noi del sud, per noi siciliani, è un inno al sud, alla Sicilia, alla loro evoluzione sociale e culturale e per gli altri può rappresentare un invito a visitare questi posti con la certezza di essere catturati dalla stessa magia esistenziale perduta o di quella che si riesce ancora a catturare, che aleggia nell’aria, nel paesaggio, nelle architetture salvate e impastate dal sole.

                                                                                                         Giovanni Giavatto

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